LE DUE VELOCITA'


SI PARLA DI POLITICA, NAZIONALE O LOCALE, IN
MANIERA SATIRICA O SERIOSA.
SI CERCA DI NON
OFFENDERE NESSUNO E SE CAPITA CE NE SCUSIAMO SIN DA SUBITO.

OGNI VOSTRO COMMENTO E' GRADITO.

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venerdì 17 ottobre 2008

URBI ET ORBI!


Non è stata benedetta pontificamente l'adozione del PATI dell'Alta Padovana da Confindustria Padova come si evince dall'articolo ASCA del 16.10.08 che riportiamo:
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"Se l'obiettivo del Piano di assetto del territorio intercomunale (Pati) era uscire dal ''far west'' urbanistico - che a Padova ha creato il paradosso di 2.000 aree produttive nei 104 Comuni della provincia - in favore di una pianificazione del territorio sovracomunale, almeno decennale e concertata con le categorie economiche, il bersaglio per ora e' mancato.
Confindustria Padova, per voce del presidente Francesco Peghin e del delegato di Giunta all'urbanistica Antonio Cetera, boccia i primi degli undici Pati previsti in provincia di Padova: quello ''Tra Brenta e Bacchiglione'' (Piovese), gia' deliberato dalla Regione Veneto, e quello adottato dai Comuni dell'Alta Padovana.
Dietro la bocciatura, il timore che la situazione non migliori nei prossimi Pati, a cominciare da quelli della ''Citta' metropolitana'', della Bassa padovana (Montagnanese, Monselicense, Estense) e Conselvano dove si giocano fondamentali scelte di sviluppo.
''Pur condividendo le finalita' del Pati - spiega Peghin - il nostro giudizio sulle concrete modalita' di adozione e' per ora negativo. Si e' persa l'occasione di avviare un nuovo corso della pianificazione territoriale, attraverso una reale concertazione con le categorie. Non affrontare seriamente nel Pati temi quali lo sviluppo e riqualificazione delle aree produttive, gli incentivi al trasferimento delle imprese (credito edilizio, perequazione), politiche di aggregazione e cogestione tra piu' Comuni, significa svuotare di senso questo strumento innovativo, introdotto dalla legge urbanistica regionale 11/2004''.
Il presidente di Confindustria Padova precisa meglio il suo ragionamento.
''Il Pati e' uno strumento indispensabile che va nella giusta direzione del coordinamento politico-amministrativo tra Comuni e semplificazione dei livelli burocratici.
Ma il modo in cui finora e' stato adottato ne fa uno strumento vuoto.
Se l'obiettivo e' la governance coordinata e sostenibile del territorio, con un orizzonte almeno decennale, dobbiamo constatare che sono mancate scelte coraggiose.''
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Niente Urbi et Orbi...
Nel senso di mancata benedizione? O di orbi in urbanistica?
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A noi non risulta una mancata concertazione e per quello che abbiamo visto nemmeno una scellerata deturpazione del territorio come negli anni '80, anzi...
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Non sembra, però che la bocciatura nasconda una preghiera di inserire cattedrali nel deserto, della serie ora et labora, o nuove zone industriali a macchia d'olio, anche perchè con le due zone ZITAC a Cittadella, ad esempio o con la vituperata zona industriale di Fontaniva (serie di cattedrali nel deserto) lo sviluppo relativo alla domanda è garantito.
E di questi tempi c'è da chiedersi se bisogna favorire uno sviluppo in assenza completa di domanda, con il rischio di trovarsi capannoni completamente inutilizzati.
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Se, invece, ci si riferisce alla pulizia del territorio ben vengano le critiche...
Ma questa si fa con i Piani di Intervento e non con i Piani di Assetto Territoriali.
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La polemica, però, potrebbe nascondere l'inizio della campagna elettorale delle provinciali.
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Il PTCP, Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, vorrebbe invadere i PATI intercomunali, sia per competenze che per altre questioni.
Le solite questioni...
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Attenzione industriali criticare è bene e vi si rende merito di aver chiesto confronto e chiarimento, ma lasciate stare le beghe tra i prappresentanti degli Enti...
Potrebbe essere controproducente peri cittadini, che siano essi lavoratori o datori di lavoro.
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Benedetto sia un PATI senza nuove zone industriali...
E allora URBI ET ORBI, ORA ET LABORA...
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FIAMMA VENETA
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PAGLIACCIATA SEMISERIA? MACRO AULSS IN QUADRILATERO...

Notizie dall'aldilà... In data 14.10.08 apprendiamo da Fabiana Pesci del Corriere delle Alpi che il padre padrone della sanità veneta vuole ottimizzare la sua azienda, riportiamo per intero l'articolo:
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"Otto Usl per sette province.
Ancora presto per prendere gomma e matita e ridisegnare l’assetto territoriale della sanità veneta, ma 22 sono troppe. Parola di Giancarlo Galan, che per una volta è d’accordo con il suo capogruppo Remo Sernagiotto, e lo sono Valerio Alberti, coordinatore regionale dei direttori generali delle Usl, e lo è Giancarlo Ruscitti, segretario regionale della sanità veneta.
In realtà si stanno valutando costi e benefici e anche il virtuso Veneto immagina un futuro con la cinghia tirata, per cui si prende avanti.
Ma ci sarà da ridere, quando arriverà l’ora di scegliere quando e come tagliare e accorpare.
Su quesi temi i cittadini si inferociscono e la Lega ci va a nozze.
Avrà coraggio Galan di andare fino in fondo?
Sernagiotto immagina una sanità veneta suddivisa per aree omogenee: «Una proposta volta alla semplificazione del sistema attuale, troppo legato all’appartenenza alla singola provincia. Sette, otto, al massimo nove aziende sanitarie territoriali che abbiano ognuna un bacino d’utenza di 500 o 600 mila cittadini. Ciascuna con un ospedale di riferimento che possa garantire prestazioni eccellenti.
Un esempio?
Il quadrilatero Cittadella, Bassano, Castelfranco ed Asolo rappresenta un’area omogenea.
La Regione ha espresso la volontà di ridisegnare la mappa delle Usl: una riorganizzazione volta al ridimensionamento delle venticinque aziende sanitarie venete, 22 usl, 2 aziende ospedaliere e IOV, è alle porte.
Lo stesso Giancarlo Galan, Presidente della Regione, dopo aver annunciato che nel 2009 non verranno reinseriti i ticket sanitari ha definito «una buona idea» ritoccare il numero delle aziende sanitarie venete al ribasso.
«La provincia di appartenenza non sarà più un elemento discriminante - ha chiarito Giancarlo Ruscitti, segretario regionale alla sanità - vi sarà una ristrutturazione dei servizi basata su attrattive e richieste degli utenti. Ma nessuno metterà mano alle due aziende ospedaliere il cui assetto non verrà modificato in alcun modo».
Valerio Alberti, coordinatore dei direttori generali veneti, accoglie benevolmente la proposta: «E’ necessario uno studio ed una valutazione della giusta dimensione di un’azienda sanitaria. Se è sottodimensionata il rischio è quello di vedere lievitare le spese di gestione e di rendere difficoltosa l’implementazione delle politiche sanitarie su larga scala. Per converso un’azienda troppo grande rischia di risultare ingessata nelle procedure decisionali e, per assurdo, di avere costi di gestione ancora più elevati di una piccola azienda. E’ necessario uno studio attento per valutare quale sia la dimensione massima che può raggiungere una Usl perché ottenga il risultato migliore mantenendo i conti a posto e risultando allo stesso tempo agilmente gestibile».
Alberti propone quindi un’attenta verifica delle dimensioni massime raggiungibili da aree tecnico-amministrative e cliniche. Ruscitti, d’altro canto, sottolinea come la volontà di ridisegnare la mappa delle aziende sanitarie venete non sia legata in alcun modo a problemi di bilancio: «I conti della sanità veneta sono a posto. E’ certo che sentiremo anche noi gli effetti della crisi nazionale, ma non voglio parlare di tagli. Si tratterà di ridefinire le aziende a seconda della loro capacità di dare risposte. Per ora ridisegneremo l’ambito amministrativo». Il segretario tuttavia sottolinea i vantaggi dell’attuale suddivisione: «La capillarità delle 22 Usl venete permette ad esempio un contatto diretto con la conferenza dei sindaci. Questo si traduce nella possibilità dei singoli dg di comprendere a fondo le istanze degli utenti. Cercheremo di garantire questo particolare approccio assistenziale nell’ottica della rinegoziazione». Ecco il nodo da sciogliere: ridimensionare riuscendo a mantenere vive le due anime delle aziende sanitarie venete: da un lato quella strettamente medico-assistenziale, dall’altro quella sociale. L’obiettivo è riorganizzare i servizi mantenendo alti gli standard qualitativi, contenendo le risorse."
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Il progetto, a nostro avviso, sembra interessante…
Ma ciò non risolve in alcun modo il nodo dell’ingerenza politica del Governatore attuale nelle macro AULSS future.
Intanto l’esempio nell’articolo parla di quadrilatero Cittadella, Bassano, Castelfranco ed Asolo…
Con quali ospedali?
Ritorniamo quindi al tema: Quale futuro per l’ospedale di Cittadella?
A voi qualsiasi contributo relativo.
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FIAMMA VENETA
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venerdì 10 ottobre 2008

NON SIAMO IN SVENDITA...IL NOSTRO SFOGO CON IL CUORE IN MANO!


E' ora di affrontare il dilemma PDL e vorremmo vedere e partecipare ad un vero dibattito sul tema. Tema difficile da affrontare con serenità e con ottimismo.
Cosa sarà il PDL?
Un vero partito che saprà cambiare la politica radicalmente dal basso e dall’interno?
“Più che guardare al passato, noi, siamo sempre intenti verso il futuro.”
O sarà soltanto un contenitore dove andranno a finire le logiche democristiane della prima repubblica dalla quale, secondo noi, non siamo mai usciti?
Certo, il popolo Italiano ha dimostrato il desiderio di bipolarismo ma Forza Italia e AN saranno in grado di rompere gli schemi della prima repubblica offrendo agli elettori un vero, nuovo soggetto politico?
Quando vediamo alcuni di FI firmare lettere e pubblicazioni auto-proclamandosi coordinatori del PDL, senza che nessuno li abbia votati e soprattutto senza aver avuto almeno il buon gusto di interpellare i futuri “colleghi” di partito di partecipare a qualsiasi iniziativa proiettata verso il PDL, ci fa pensare, ci fa riflettere.
Abbiamo l’impressione che per tanti di FI il PDL è solo un cambio di nome e il partito appartiene a loro e non è un unico soggetto politico fatto di più anime con storie diverse lanciato verso il rinnovamento.Il prossimo anno abbiamo le elezioni provinciali e europee. Chi manderemo in Europa? Tutti quei personaggi che non sono stati capaci di affermarsi nel territorio e pertanto come premio di consolazione li mandiamo in Europa? Difenderanno l’Italia? Difenderanno la giustizia sociale? Difenderanno la famiglia, il primo gruppo sociale dove viene sviluppata la personalità di una persona? O difenderanno, invece, la logica delle lobby.
Finora l’unico a fare un pò di pubblicità per l’Italia è Borghezio, bella roba!!!!
Non dobbiamo combattere le multinazionali, le case farmaceutiche, le associazioni lobbistiche e massoniche, ma la logica di un sistema basato su interessi puramente personali.
Il PDL corre il rischio di diventare un contenitore di lobby senza un codice di base condiviso.
Ci sono alcuni che cominciano ad avere paura della popolarità della Lega pertanto tendono a cambiare le regole e non a lottare per un ideale, ideale che gli Italiani vogliono sentire.
Perché, forse, ideali non hanno più.
Avendo criticato FI e giusto criticare AN.
Un leader che ha lanciato anatemi sull’antifascismo mettendo in discussione una storia che appartiene al suo partito.
Un leader che forse ha deciso di ritirasi dalla vita politica, una scelta personale nulla da dire, ma come leader criticabile per non aver dato gli strumenti ad un partito che ha una storia, con una base che crede nel partito, nei valori dell'MSI e nelle lotte fatte in nome della libertà.
Alcuni personaggi, poi, traditori del popolo, che dovrebbero difendere i loro iscritti, i loro simpatizzanti; persone che sono sempre pronte a dare il proprio appoggio lavorando nella bottega sul retro per portare, dove possibile, i veri valori e principi della democrazia, della libertà, della giustizia sociale, liberi di qualsiasi imposizione, sono sviliti da alcuni marescialli che hanno il didietro incollato alla poltrona e fanno strategie con un unico obiettivo: salvarsi il culo perdendosi nel vortice del clientelismo... invece di lottare per uno spazio vero all’interno di questo nuovo soggetto .
Noi non riconosciamo il partito in questi personaggi e per quanto ci concerne dovranno essere delegittimati a rappresentare la base di AN.
“Non è gerarca colui che non sa scendere in mezzo al popolo per raccoglierne i sentimenti e interpretarne i bisogni.”
Il nostro voto non è in vendita e non abbiamo intenzione di svendere a nessuno quegli ideali in cui crediamo ferventemente. Saremo idealisti... O realisti...
Dio forse è morto, ma noi non lo siamo ancora e non intendiamo morire né padani né democristiani lobbisti.
“Chi non è pronto a morire per la sua fede non è degno di professarla.”
A questo punto è chiara la nostra posizione e i nostri vincoli sono altrettanto chiari quanto mai necessari e si riconoscono nello stile di vita, nell'onestà intellettuale e nella ricerca continua di realismo anzichè di filosofia.
La disciplina deve cominciare dall'alto se si vuole che sia rispettata in basso.
Meglio lottare insieme che morire da soli.
Meglio morire in piedi, che vivere una vita in ginocchio.
Unica è la fede: l’amore di patria; Unica è la volontà; fare grande il popolo.
La libertà non è un diritto: è un dovere. Non è una elargizione: è una conquista. Non è una uguaglianza: è un privilegio.
Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano.
Facciamo in modo che le glorie del passato siano superate dalle glorie dell'avvenire.

CAMICETTA NERA - FIAMMA VENETA - EXTREME RIGHT

martedì 7 ottobre 2008

DIO NON E' GRANDE!

Si scusi la blasfemia...
Ma quando si ha un Presidente del Consiglio così, viene in mente il titolo del libro più famoso di Christopher Hitchens.
Motivo?
Domenica 5 ottobre 2008, colui che da molti è considerato il nuovo Duce, supera le spoglia terrene del proprio corpo e di fronte ad una delle sue solite folte e gremite platee, appoggiando sul leggio le nocche delle dita con le due braccia ben tese, testa alta e petto in fuori, come solo Lui sapeva fare, così scandendo il proprio verbo evangelizzava il Popolo.
"Italiani!
Ad inizio secolo la vita media nel nostro Paese era di 40 anni!
Oggi la vita media si è alzata fino a 80 anni!
Con l'aiuto di Don Verzè, ho già creato un gruppo di studiosi, con base a Verona, che mi dirà cosa devo fare per alzare la vita media degli Italiani fino a 120 anni!"
Non è una barzelletta...
Del resto il Messia di Arcore ha appena compiuto ben 72 anni ed ha voluto dire, ai tanti che sperano che la vita media degli Italiani si abbassi di qualche annetto, che lui non è altro che un giovane maturo pronto per la croce!
Dio non è grande!
Berlusconi... ti allunga la vita!

FIAMMA VENETA

mercoledì 1 ottobre 2008

RAZIONALISMO E FASCISMO


Abbiamo notato un certo interesse per un semplice riferimento ad un post pubblicato nel blog dell’amica Maria Rita, che linkiamo e invitiamo a visitare: assaggi di me - caffè letterario
Sempre con l’intenzione di essere di parte, per dimostrare che le cose in cui crediamo sono oggettive, ricordando qualche studio e con qualche riferimento recuperato in fretta online, esplicitiamo la nostra posizione.

Dopo lo sconvolgimento totale in Europa, successivo alla prima guerra mondiale, prese piede l’art nouveau che riproduceva forme arbitrarie e prive di funzione, perché non collegate ai contenuti, cercando, in questo modo, di caratterizzare le strutture di modernità.
Il razionalismo (così definito in Italia e Germania) aveva come scopo quello di risolvere i problemi dell’edilizia di massa cercando di far congiungere la creatività individuale con la serialità ripetitiva per rispondere alle organiche esigenze della coscienza civile.

Il razionalismo è caratterizzato da:
una stretta connessione tra forma e funzione;
l’utilizzo di elementi prefabbricati di dimensioni standard;
la riduzione all’essenziale eliminando ogni aspetto superficiale come ad esempio la decorazione;
il funzionalismo;
un ampio uso di linee, angoli netti e volumi netti.

Ciò che più contava era la necessità di un’architettura universalmente comprensibile e che si staccasse nettamente dal passato.
Nel 1933 venne redatta a Parigi, con il preminente impulso di Le Corbusier (non un architetto giapponese qualunque), la “Carta di Atene”, una sorta di documento che gettava le basi per l’architettura contemporanea.

Non mancarono comunque le critiche che attaccarono il razionalismo per l’assenza di suggestioni figurative, l’utilizzo di standard in urbanistica ed edilizia, la produzione di serie che si limitava a riprodurre determinati canoni.

In Italia si soleva far coincidere razionalismo e fascismo poiché il primo era lo stile privilegiato nel ventennio.
L’architettura fascista fu senza ombra di dubbio favorita dall’elevato numero di opere pubbliche le quali, realizzate dal regime, ne testimoniavano l’incisiva e concreta presenza all’interno del paese.

Questa nuova scuola intendeva abolita totalmente ogni sorta di legame col passato, recuperando però alcuni elementi classici rendendoli in chiave nazionalistica.
Nello stesso tempo questo genere di architettura che testimoniava un rifiuto delle tradizioni, voleva anche contrapporre allo stile di vita individualistico borghese, quello eroico e collettivo.

Il regime fascista diede il via alla progettazione di aree urbane, alla costruzione di edifici e nuove città come Littoria (l’attuale Latina), Pomezia, Sabaudia ed Aprilia.
Alcune di queste opere rappresentano dei capolavori come il Palazzo della Civiltà Italiana (già il nome dice tutto) rappresentato in foto.
Gli edifici eretti in quegli anni avevano un’immagine sì gelida ma grandiosa, a causa dell’utilizzo del marmo, di facciate con lastre piane, della ripetizione di forme geometriche come il cubo e il cilindro, il contrasto dei bianchi e dei neri e l’assenza di inutili decorazioni.
Lo scopo principale dell’architettura era quello di incanalare il gusto popolare in un’estetica che fosse lo specchio fedele del regime fascista e quello di “ smuovere le masse”.

L’architettura procede di pari passo con il regime fascista e, come questo, inizia a cambiare alcuni aspetti, dal rigore tecnicista basato soprattutto sull’uso geometrico di volumi e forme, si passa ad un aspetto che privilegia l’effetto di stupore e grandezza passando così al monumentalismo.
L’aspetto che viene messo in evidenza è quello della scenografia che colpisce per l’utilizzo di proporzioni enormi e del marmo che sostituisce il solo intonaco.

Come dice l’amico extreme right, infine, le opere dell’Architettura fascista sono ancora oggi presenti in tutte le città italiane (anche a Cittadella in piazza Martiri del Grappa) e sono migliaia.
Non le hanno potute cancellare perché avrebbero dovuto distruggere città intere!
E questo fa parte della giusta memoria!
FIAMMA VENETA