LE DUE VELOCITA'


SI PARLA DI POLITICA, NAZIONALE O LOCALE, IN
MANIERA SATIRICA O SERIOSA.
SI CERCA DI NON
OFFENDERE NESSUNO E SE CAPITA CE NE SCUSIAMO SIN DA SUBITO.

OGNI VOSTRO COMMENTO E' GRADITO.

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martedì 12 agosto 2008

L'ITALIA... LA FARSA

Dopo un paio di giorni di giochi, guardo la Gazzetta dello Sport e vedo il medagliere..
Quattro medaglie per l’Italia..
Poi leggo meglio, tre per il Veneto ed una per il regno d’Italia... E penso, ma perche i Veneti indossano l’azzuro savoia?

Riprendo il libro di storia e ripenso al 'rinascimento italiano' e alla farsa Italia…
L'italia della finta democrazia, allora come oggi, dopo 139 anni di sfruttamento e ladrocini è ora di riprendersi la nostra identità.
Dopo essere stati lo splendore d'europa con la nostra Venetia, per mano di Austriaci, francesi e Savoia, in una truffa, che non si discosta per nulla dalla moderna politica, chiamata plebiscito, il Veneto e' stato annesso al regno d'italia.

Era il 1866 quando il Veneto venne preso dall’Italia, senza il volere dei Veneti, in una campagna politica fatta con terrore e ambiguità.
Cosi citavano le locandine:
" ..il SI .... lo si vota a fronte alta, sotto lo sguardo del sole, con la benedizione di Dio.... il NO ....con mano tremante, di nascosto, come chi commette un delitto..."

I nostri libri di storia ufficiali sostengono che " ...tutto si svolse con mirabile ordine e fra universali manifestazioni di gioia". (Achille Saitta, Storia Illustrata, mensile giugno 1966, Mondadori).
Basterebbe vedere la lapide "ricordo" con il numero (641.758) dei voti SI, posta nel Palazzo del Doge a Venezia.

Venezia con le sue province e Mantova aveva 2.500.000 Veneti (vedere il supplemento al n. 74 del 1866 del Giornale di Vicenza; L'Arena di Verona del 9 gennaio 1868; vedere La Gazzetta di Verona del 17 ottobre 1866; ma soprattutto leggere la Gazzetta di Venezia del 20 ottobre che riporta un anonimo trafiletto "Questa mattina in una camera dell'Albergo Europa si è fatta la cessione del Veneto")
Prima del plebiscito il Veneto era già "passato" dalla Francia all'Italia.
Illuminante il dialogo tratto da “Le elezioni comunali in villa” nelle quali Domenico Pittarini (non un austriacante, ma un membro liberale, perfino arrestato dagli austriaci) descrive i fatti tragicomici che caratterizzarono le "elezioni" post 1866.

Primo contadino: "Ciò, chi ghetu metesto ti sulle schede?"
Secondo contadino: "Mi gniente, me la ga consegnà el cursore scrite e tutto"
Primo contadino: "E anca mi isteso, manco fatiga"
Secondo contadino: "Manco secade"

Di dubbi che che sia stato un raggiro non ve ne sono:
Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo Gattopardo:
"Alla folla invisibile nelle tenebre annunziò che a Donnafugata il Plebiscito aveva dato questi risultati: Iscritti 515; votanti 512; Si 512, No zero. Eppure Ciccio Tumeo assicura: "Io, Eccellenza, avevo votato No. E quei porci in municipio s'inghiottono la mia opinione, la masticano e poi la cacano via trasformata come vogliono loro. Io ho detto nero e loro mi fanno dire bianco!".

Provate a chiedere allo stato i resoconti ed i dati di quelle “votazioni”, data tanta democrazia e purezza politica dovrebbero essere di facile consultazione, visto che da allora nessun altra guerra ha potuto modificare e cambiare i ducumenti.

Da allora i Veneti sono stati costretti a scoprire l’America, il Brasile, addirittura creando vere e proprie comunita venete.

Ma se per chi andava era doloroso, per chi restava, i nuovi italiani, cominciarono a conoscere le tasse sui raccolti e le direttive di coltivazione, essendo ridotti in una povertà tale che nè austriaci nè francesi c’erano riusciti in anni di guerre.
Ma nelle scuole gli approffondimenti di quel plebiscito vengono evitati, anzi viene imposto di parlare e scrivere in quel toscano addottato e bacchettati nel parlar dialetto o ancor peggio derisi e ridicolizzati.

Quella lingua, quel dialetto che era parlato in mezza Europa ed in buona parte del mediterraneo, in quella lingua veneta usata per stilare importanti trattati commerciali.
Ma tutti i Veneti si tolsero il cappello innanzi all’Italia?

NO! Ci fu una distruzione del patrimonio culturale e linguistico del Veneto, ancor ora alcuni registi, per far ridere la gente, mettono sempre nei loro film la serva tonta o il bellimbusto mona, calpestando identità e cultura.

Per secoli la repubblica marittima e stata punto di riferimento culturale e commerciale, non si deve permettere che tale passato venga tradotto solo in banale folclore, e per favore(!) si adoperi il termine “Veneto” e non più il vuoto “Nordest”.

L’amarezza del Veneto si sfogò in proverbi popolari:

Co’ san Marco comandava se disnava e se senava
Soto Franza, brava gente se disnava solamente
Soto Casa de Lorena non se disna e no se sena
Soto Casa de Savoia de magnar te ga voja!
(Giuseppe de Stefano-G.Antonio Palladini - Storia di Venezia 1797.1997 - vol II, pag 276, Supernova, Venezia, 1997).

Poi le variazioni:
"....e col Regno di Sardegna chi lo ha in tel cul se lo tegna!

Per non parlar di quel
"Viva Savoja! chè i n'à portà 'na fame troja"
(A. Moret, L'ultimo cantastorie, Vittorio Veneto, 1978)
(Dal battagliero giornale satirico Asino di Verona, ripubblicato dall'Arena di Verona, 5-8-98)

Senza tale imbroglio il Veneto o Reppubblica Veneziana, sarebbe come il Lussemburgo, libero in economia e felice di appartenere agli Stati Uniti d’Europa.

Invece dopo anni di sfruttamento del lavoro veneto lo stato si permette con i nostri soldi di regalar case ai delinquenti o rifugiati politici nel nostro territorio, alle aziende e lavoratori veneti lo stato chiede tasse per il lavoro svolto e tasse su un probabile lavoro futuro.

Mi trovo d’accordo con Berto Barbarani che in un passaggio della poesia dialettale "I va in Merica" scrive:
"Porca Italia - i bastemia- andemo via!"

A coloro che mi danno del secessionista ricordo che il regno d’Italia ha preso il Veneto con imbroglio e lo ha sfruttato, sappiamo quanto ha dato e quanto dà il Veneto allo Stato, ma quanto e cosa fa lo Stato per i cittadini veneti?

CANARINO FEROCE