Una folla multiforme, disordinatamente variegata, scomposta in ordine sparso… un'orda infamante immersa in un'ondata di turpiloquio nauseabondo intenta nell'attività che più le si addice: condannare!
E lì, davanti, sommessamente silente in attesa di giudizio, lei… l'adultera: il federalismo!
Adultera, certo.
Corteggiata dai più, ma incapace di un rapporto stabile. - Continuo con l'immaginazione.
Alla voce "chi non ha mai adulterato con essa, avendola sempre rispettata ed onorata, scagli la prima pietra", mi sarei aspettato di veder volare un macigno lanciato da un singolare personaggio di nome Lega, ritenendolo senza peccato e stabilmente sposato con essa.
Ma invece, nulla… nemmeno un sassolino.
E poi, il deluso congedarsi della folla…
Vedete, c'è un tarlo nella mente, che mi assilla ormai da un po' di tempo, che sono riuscito ad isolare ed individuare, ed è questo: c'è qualcuno che veramente vuole sto benedetto federalismo???
Per quanto mi sforzi, non trovo risposta affermativa!
Ma forse ho in testa un po' di confusione: federalismo politico, amministrativo, fiscale, devolution…. Mah.
Allora ho cercato di vedere ed analizzare la cosa dal punto di vista di chi, al momento, si trova in prima linea, e nell'affrontare le quotidiane increspature del rapporto pubblica amministrazione-cittadino, si trova in trincea al fronte: il Comune.
Ormai è noto ai più che il federalismo è quella "dottrina politica di matrice illuministica (sec. XVIII) che rifiuta la separazione tra gli stati e ne propone la federazione" (Encicl. "Le Garzantine").
In Italia, già fin dal 1945 al federalismo si sono ispirati alcuni movimenti autonomisti attivi, e con più determinazione, a partire dagli anni '80, la Lega Nord. Nella sua accezione più magistrale, ovvero quella politico-istituzionale, il federalismo trasfonde le sue peculiarità operative nel c.d. federalismo amministrativo (inteso quale trasferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e mezzi finanziari della pubblica amministrazione centrale), e nel federalismo fiscale (inteso quale principio ordinatore del sistema tributario in base al quale i governi locali decidono, almeno in parte, la misura della pressione fiscale nel proprio territorio e ne percepiscono il gettito).
Con il termine devoluzione (devolution), invero, adottata dalla Gran Bretagna nei confronti della Scozia, si indica il trasferimento di poteri dallo stato centrale alle autorità locali, al fine di accrescerne l'autonomia decisionale (nel 2001, il governo Berlusconi aveva istituito il Ministero senza portafoglio "per le riforme istituzionali e la devoluzione" assegnandolo a Bossi).
A qualunque di questi concetti io faccia riferimento, fatico a scorgere, nel nostro paese, risvolti operativi ed applicativi di una qualsivoglia forma di decentramento.
Il dubbio che sempre più mi assale, ma che al contempo lascia sempre più spazio ad una fastidiosa certezza, è che, in realtà, il federalismo nessuno lo vuole, nemmeno la Lega.
Perché? Boh!
Forse per paura di una perdita di potere ed autorità da parte dello Stato.
E' vero che nel 2001, con la legge costituzionale n. 3, che ha portato una sostanziale rivisitazione del titolo V della Costituzione, nell'opera di strutturazione del federalismo è stato posta una pietra miliare, ma è altrettanto vero che i problemi applicativi ancora aperti sono moltissimi e che, ad onor del vero, qualche passo indietro è stato fatto.
L'art. 114 Cost., come riformulato dalla L. Cost. 3/2001, definisce, nella sostanza, l'Italia dei comuni: "La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Provincie, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Provincie, le Città Metropolitane e le Regioni son enti autonomi […]".
L'elencazione di ciò che costituisce la Repubblica parte proprio dai Comuni.
E ciò non è un caso.
E' l'amministrazione pubblica più vicina al cittadino.
Senza scendere nel tecnicismo ed in disquisizioni accademiche e dottrinali su come questa riforma abbia inciso il rapporto tra le fonti del diritto, ed il rapporto tra la potestà legislativa statale e quella regionale, si può sostenere che il legislatore costituzionale ha proprio gettato le basi per il federalismo politico-istituzionale (art. 114 Cost. sopra riportato), per il federalismo amministrativo (art. 118 Cost.
"Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni […]" ), e per il federalismo fiscale e finanziario (art. 119 Cost. "I Comuni, le Provincie, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa").
Ma a queste solide basi (sono basi costituzionali!) non sono seguite altrettanto solide politiche federaliste.
Anzi.
Spesso sono stati fatti passi in senso opposto. Vediamo quali.
Le entrate comunali si dividono in due grandi categorie, quelle proprie e quelle derivate. Quelle proprie dipendono dalla capacità di reperire risorse (o con l'imposizione fiscale: ICI, tassa occupazioni spazi pubblici, imposta sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni; o con l'erogazione di servizi a domanda individuale: palestre, impianti sportivi…); quelle derivate, derivano (appunto) dai trasferimenti erogati dallo Stato centrale. Maggiori sono le entrate proprie, in percentuale sul totale delle entrate, maggiore è l'autonomia finanziaria del Comune. Ebbene. Fino al 2007, ogni Comune degli 8.100 d'Italia, poteva contare sulla compartecipazione IRPEF di una certa entità; ovvero una quota parte dell'IRPEF che lo Stato preleva sulla base imponibile del territorio comunale, torna alle casse comunali. Questa quota parte, fino al 2006 ammontava circa al 7%, dal 2007 circa allo 0,7%. Questo minor importo è stato compensato con un maggior trasferimento erariale. Poco male, mi direte, visto che per il bilancio comunale non cambia nulla. Poco male, certo, se non fosse che con la compartecipazione IRPEF si "agganciano" le entrate comunali alla capacità di produrre reddito dei cittadini di quel comune, mentre con i trasferimenti erariali, ogni legame tra la ricchezza prodotta in un certo comune, ed il comune stesso viene meno. Con la compartecipazione, una parte delle tasse prelevate in un determinato territorio, torna a quel territorio; con il trasferimento erariale, no! Ridurre la compartecipazione, compensandola con trasferimenti erariali, pertanto controllati dal governo centrale, è una scelta federalista?
Ma veniamo all'ICI. Una delle prime cose fatte dall'attuale governo è stata quella di abolire l'ICI sulla prima casa. Benissimo. Ma conoscete la continuazione della storia? Questo era solo il primo tempo. Il secondo è così. Il minor gettito ICI certificato uesto eQueo da ogni comune, viene compensato con maggiori trasferimenti erariali.
Ebbene. Abolire l'ICI (tributo locale), compensandola con trasferimenti erariali (governo centrale), è una scelta federalista? Probabilmente qualcuno mi starà accusando di non voler diminuire la pressione fiscale.
Ma questo qualcuno rifletta: per le casse comunali non cambia quasi nulla: invece di incassare a titolo di ICI, il comune incassa come trasferimento. I soldi che lo stato eroga come trasferimento derivano dall'imposizione fiscale di tutto il territorio nazionale. Ciò significa che i soldi che prima i cittadini del Comune di Mira pagavano come ICI, ora non li pagano più, in quanto la stessa somma viene pagata da tutti i cittadini italiani, ma allo stesso modo, i cittadini di Cittadella, pagheranno il minor gettito ICI dei cittadini di tutti gli altri comuni d'Italia… ogni riferimento al territorio viene perso!
Pensiamo anche ai vincoli che lo stato impone ad ogni Comune, ai fini del rispetto del patto di stabilità, sulla spesa (un paio d'anni fa, anche su singole voci di spesa). Dov'è l'autonomia di bilancio? Il governo Prodi aveva previsto, quale sanzione per i comuni che non avessero rispettato il patto di stabilità, l'aumento dell'addizionale comunale IRPEF per i cittadini di quel comune. Pur essendo discutibile il principio secondo cui le conseguenze della mala gestione degli amministratori locali venissero fatte ricadere sui cittadini, era federalista il principio di responsabilizzare gli amministratori agli occhi dei propri cittadini.
L'attuale governo, ha cambiato il sistema di sanzioni, imponendo controlli e stringenti vincoli di spesa che di fatto elidono l'autonomia finanziaria del comune… Che strano… non dico sia stato più federalista il governo Prodi rispetto all'attuale, ma se non altro, il dubbio si insinua.
Sto federalismo è corteggiato da più parti politiche, ma sembra che nessuno sia in grado di stabilirci un rapporto stabile e duraturo. Vedremo con il nuovo codice delle autonomie locali cosa accadrà…
Lega, se ci sei, batti un colpo!"