LE DUE VELOCITA'


SI PARLA DI POLITICA, NAZIONALE O LOCALE, IN
MANIERA SATIRICA O SERIOSA.
SI CERCA DI NON
OFFENDERE NESSUNO E SE CAPITA CE NE SCUSIAMO SIN DA SUBITO.

OGNI VOSTRO COMMENTO E' GRADITO.

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lunedì 23 marzo 2009

IDENTITA'!

"Ogni idea politica è un organismo vivo.
I partiti sono quasi sempre destinati a diventare dei grandi cadaveri gloriosi."
Filippo Tommaso Marinetti


Parliamo al futuro, non dimentichiamo di ricordare il passato, ma non ne diventiamo vittime!
Ci stiamo guardando troppo alle spalle e abbiamo perso l'opportunità di rivolgerci al presente per capire come dovremo essere in futuro... o come speriamo di poter cambiare il futuro.
Questo è il riassunto di quello che questi due giorni di congresso di Alleanza Nazionale mi hanno lasciato in animo.
Sabato dopo una lunga fase di interventi spenti e acritici, verso le 18.30, si è accesa in tutti i delegati al congresso la fiamma testimone del passato, dei valori, della storia, della memoria, quando un ben piazzato furlan, abituato a combattere per riportare al ricordo le ingiustizie subite dai nonni e dai genitori, con flebile voce, conteneva il suo dissidio interno ringraziando il Partito per quello che il Partito gli aveva donato citando frasi di dannunziana memoria.
Solo un uomo di DESTRA può avere il CORAGGIO di ringraziare invece che di chiedere nel giorno del suo personale sgomento.
Non a caso ho voluto dedicare un post a Roberto Menia, che oltre alle giuste ovazioni di una platea (me compreso) ancora rivolta al passato, merita di essere citato per essere stato l'unico che non si è mosso tra le righe dei colonnelli.
Ero convinto, quindi, che il passo da compiere era diventato ancora più arduo, più aspro...
Che l'IDENTITA' fosse solo traghettata per una settimana per poi disperdersi nel mare del Popolo della Libertà, che l'IDENTITA' fosse solo scritta sulla carta, ma, ahimè, disciolta in quel niente nel quale nemmeno Roberto Menia come tutti noi vogliamo discioglierci.
Domenica, invece, si è accesa la vera IDENTITA'.
Inizialmente, verso le 12.30, ascolto il discorso di Gianfranco Fini che ho scelto di pubblicare integralmente in un post, in maniera quasi disinteressata e scorgo in alcune sue parole, quasi un sentimento di rivincita nei confronti di chi in passato lo ha considerato come sdoganato, come dovesse ringraziare qualcuno per non averlo considerato un fascista.
Il suo sembra un mesto addio alla passione, al sentimento, alla filosofia politica e la platea rimane zittita di fronte alla quietezza dei toni del suo ex capopopolo.
Ma ad un certo punto l'ex capopopolo dimostra di essere un leader moderno, capace, futurista, lungimirante, fino al punto che mi verrebbe voglia quasi di chiedergli scusa per essere stato per un attimo così retrò, così conservatore, così nostalgico.
I concetti fondamentali espressi da Gianfranco Fini sono semplici, ma netti, coraggiosi, ineludibili ed inconfutabili, li riassumo con le sue stesse parole:
"Le idee o si affermano o non sono in grado di vincere la loro battaglia.
Non ci può essere arroganza, ci deve essere umiltà.
Oggi siamo chiamati non a cogliere un momento ma a costruirlo. Oggi non prendiamo un´occasione, non abbiamo il tempismo di una scelta, oggi compiamo una strategia, oggi mettiamo una pietra e decidiamo, noi, coscientemente di farlo, nessuno ci costringe, di mettere una pietra in quello che è un atto che certamente ha rilevanza storica non solo per noi, non solo per la nostra storia, non solo per la nostra gente, ma per la nostra patria. Dobbiamo esserne coscienti.
Per noi la stella polare è sempre stata una e una sola: l´amore per l´Italia, l´amore per la terra dei padri, l´amore per la patria, il voler privilegiare alla fazione la nazione, il voler anteporre a un interesse particolare, un interesse generale.
Bisogna considerare il partito unicamente uno strumento, non un valore in sé. Un partito, non è mai un valore. Un partito è un mezzo, uno strumento, è un modo attraverso il quale si cerca di raggiungere un obiettivo. L´obiettivo era, fin dal primo momento, l´amore per la nostra terra, la pacificazione nazionale, una maggiore coesione sociale, un ritrovato prestigio internazionale dell´Italia. Il partito derubricato a strumento. Il partito inteso non come valore in sé ma come mezzo per raggiungere un fine.
Fiuggi ha rappresentato la nascita della destra post-ideologica. Di una destra che, rifiutando l´ideologia, in qualche modo condannava al passato e giudicava negativamente ciò che nel passato aveva rappresentato il tasso ideologico della destra politica. A Fiuggi non abbiamo fatto i conti con la nostalgia. A Fiuggi abbiamo fatto i conti con lo stato etico, che non appartiene a una democrazia, abbiamo fatto i conti con una concezione dell´economia di tipo corporativo che non appartiene ai tempi moderni, abbiamo archiviato una fase e abbiamo affermato la nostra volontà non di preservare delle memoria, compito quanto nobile quanto limitato a una stagione politica. Abbiamo affermato la nostra volontà di cominciare a costruire il futuro.
E proprio perché credo che sia un dovere quello dell´onesta al termine di una stagione nello stesso momento in cui si chiude una fase e se ne apre un´altra, non ho alcuna esitazione a dire che non sempre siamo stati sempre all´altezza di quel compito così alto di cultura di governo, perché in alcuni casi non tutti fra di noi avevano ben chiaro che la cultura di governo non significa cultura di potere, non significa concepire il partito come strumento per occupazione dei posti di potere o di sottopotere.
Il valore fondamentale è la consapevolezza del primato della dignità della persona. È il valore principale che va garantito e tutelato da un´azione politica. Non è l´autorità dello Stato, è la dignità della persona. E se il valore cui orientare una politica è quello è di tutta evidenza che lo Stato non può limitare la libertà. Lo Stato deve per certi aspetti esaltare la libertà, lo Stato deve garantire a tutti l´esercizio delle libertà.
Bisogna riportare il baricentro dell´economia a quella che è la produzione reale di ricchezza. L´economia non si può basare esclusivamente sulla finanza perché nello stesso momento in cui lo fa può determinare immediati e facili arricchimenti e altrettanti immediati e facili impoverimenti. Ma non soltanto arricchimenti per pochi, impoverimenti per popoli interi.
Il Popolo della Libertà deve essere un contenitore ampio, arioso, plurale, inclusivo, interclassista, aperto, certamente unitario. Unitario però non può significare "a pensiero unico", perché c´è una contraddizione in termini tra popolo della libertà e pensiero unico. Unitario ma con la pluralità delle opinioni. Un partito certamente democratico, un partito in cui vi siano regole - e lo statuto che Ignazio La Russa ha letto dà queste garanzie - ma altrettanto certamente che mai e poi mai dovrà pensarsi e organizzarsi secondo la degenerazione della democrazia che è la correntocrazia.
Perché dobbiamo farlo il Pdl? perché noi dobbiamo immaginare l´Italia fra dieci o quindici anni. E siccome siamo forza di governo, dobbiamo cominciare a costruirla. Come si fa? Altro che testimonianza delle memorie del passato. Vuol dire essere coscienti dei problemi che il paese ha.
L´Italia tra quindici anni va pensata anche nel suo ruolo internazionale nel suo ruolo euro-mediterraneo, perché quello è il destino italiano nell´ambito di una politica europea.
Pensare un´idea dell´Italia nel Mediterraneo e pensare al tempo stesso per i prossimi dieci anni quale sarà il livello di coesione Nord-Sud. La questione del nostro Meridione non può scomparire dal dibattito politico. E lo voglio dire a scanso di equivoci: il pericolo non è il federalismo. Anzi, per certi aspetti il federalismo fiscale rappresenta un´opportunità di responsabilizzazione della classe dirigente meridionale. Forse, se ben attuato, il federalismo sarà proprio il grimaldello che farà saltare alcune logiche clientelari, alcune logiche para-mafiose. Ma il problema del nostro Sud è nella debolezza dello Stato.
E allora si tratta di un grande compito, immaginare l´Italia tra quindici anni e cominciare a costruirla. Un grande compito per un grande movimento politico, un grande movimento politico di popolo che certamente c´è, la percentuale di consenso è altissima, ma anche un movimento politico di idee, di proposte, di sintesi. E questa è la sfida. Non portare la nostra identità, non portare la nostra bandiera, ma portare la nostra capacità di leggere la società italiana e di individuare ciò che è necessario per dare una risposta ai problemi.
Ci dobbiamo mettere tutti in discussione, a partire da me. Sono cosciente, accetto la sfida. Tutti in discussione. Per qualcuno verranno meno le rendite di posizione, per qualche altro si apriranno delle opportunità forse inaspettate, positive, ma la sfida va affrontata. Siamo coscienti. Non dobbiamo aver paura nemmeno che questa alleanza, questo incontro, questo fatto storico possa in qualche modo annacquare l´identità, farcela perdere. C´è stato una sorta di mantra autoconsolatorio, che ho sentito tante volte. È giusto che sia così, ma attenzione - amici miei - alcune perplessità c´erano anche a Fiuggi. Qualcuno se ne andò addirittura, perché pensava fosse impossibile mantenere una identità dando vita ad Alleanza nazionale. Poi qualcuno nel nome dell´identità ha cercato altre strade che si sono rivelate dei viottoli chiusi. Ma chiusi non dalle nomenclature, chiusi dagli elettori.
Ci dobbiamo preoccupare dell´identità degli italiani tra dieci, quindici anni perché se la stella polare è quella di cui abbiamo parlato all´inizio, l´amore per la nostra terra, l´amore per la nostra patria, la sfida è quella: come sarà l´Italia tra dieci anni, quale sarà l´identità che avrà il nostro Paese. E dobbiamo cominciare a costruirla questa identità, coniugando modernità e tradizione che è da sempre, in qualche modo, il binario obbligato della destra italiana. E, badate, le sfide ci sono. Sono enormi. Io vorrei che il Pdl non si confrontasse tra ex An e Forza Italia e gli ex degli altri partiti, io vorrei che il Pdl cominciasse a tentare di fornire risposte ad alcuni problemi che bussano già alla porta, che in alcuni casi sono già entrati. Non è forse vero che la nostra società tra dieci, quindici anni sarà molto diversa da quella che è oggi? E che sarà per la prima volta nella storia del popolo italiano una società multietnica, una società multireligiosa? Quando ci si confronta con la questione della immigrazione, non lo si può fare soltanto con la logica - pur giusta - di chi vuole più ordine più sicurezza e, quindi, necessariamente vuole che ci sia l´espulsione del clandestino.
C´è in atto un´evidente crisi del liberal-capitalismo. È pensabile la crisi delle liberal-democrazie? Perché chi conosce la storia sa che i due assetti sono nati e si sono sviluppati insieme. E qual è la risposta che deve venire dall´Italia? Un´Italia che non può essere soltanto una periferia, ma dovrebbe tornare a essere la fucina da cui nascono le idee, il luogo che alimenta un dibattito che non sia soltanto all´interno dei confini nazionali. E ancora, c´è il rischio di una atomizzazione sociale. Non è in discussione soltanto la coesione Nord-Sud, sono sempre meno stretti i rapporti che legano gli italiani tra di loro, persino i padri con i figli. L´essenziale è che a un egoismo diffuso si contrapponga una pratica di solidarietà altrettanto diffusa. E ancora una volta non è un quesito culturale, è una sfida politica. E come farlo, come tradurlo in un´iniziativa di legge, perché il Pdl è il pilastro del governo italiano e prevedibilmente lo sarà per tutta la legislatura e forse anche per la prossima. Non possiamo gestire il consenso con una politica contro l´attuale opposizione. Cerchiamo di gestire il consenso immaginando l´Italia di domani e dimostrando semmai che l´attuale opposizione non le sa dare le risposte perché magari non la immagina l´Italia di domani.Ecco, non sono sfide facili. Sono certamente sfide ardue, sono sfide che non si possono affrontare con la logica autoreferenziale del partito che ha il perimetro delimitato del proprio consenso. Se il compito fosse stato quello tanto valeva allora tenersi An, sperare che dal 12 diventassimo il 13, il 14. Non si risponde alla sfida che il futuro già porta in ogni casa nostra e dentro ogni casa europea con la logica di chi ancora intimamente è con la testa nel secolo scorso. Ed è una ragione per la quale dobbiamo superarle le colonne d´Ercole, dobbiamo pensare in grande, volare alto. Dobbiamo cercare di fornire le risposte di cui la società italiana ha bisogno. Si può raccogliere il consenso alimentando la paura, si deve raccogliere il consenso offrendo la speranza e la certezza con un´azione coerente, di riuscire a costruirlo quel domani. Credo che questo sia il grande compito del Pdl, un grande movimento di popolo, che deve essere al tempo stesso un grande movimento di idee. Sarà la sfida più difficile: dimostrare che davvero è cambiato molto non dal 1946, ma dal 1994. Nel `94 noi, i figli degli esuli in patria furono chiamati a fare i conti con il loro passato.Oggi, da protagonisti in patria, noi di An siamo chiamati a cominciare i conti con gli italiani di domani. È una prospettiva del tutto diversa, è una grande storica missione che va vissuta con entusiasmo, nel Pdl entrino coloro che ci credono.Entrino coloro che hanno per davvero amore per l´Italia. Entrino coloro che credono nella bontà delle loro e delle nostre idee, perché lasciatemi concludere con uno slogan della nostra giovinezza, con la semplicità e al tempo stesso l´efficacia degli slogan: se si ha paura vuol dire che o non valgono nulla le idee in cui si crede o non vale nulla chi ha paura. Non dobbiamo aver paura del futuro, dobbiamo avere coscienza della possibilità di costruirlo fin da oggi. Dobbiamo gettare il cuore oltre l´ostacolo e impegnarci con la stessa tenacia con cui l´abbiamo fatto per tanti anni. Oggi finisce Alleanza nazionale, nasce il Popolo della libertà, continua il nostro amore per l´Italia."
E' per questo che da oggi guardo al futuro, grazie a Gianfranco Fini che come solo un uomo di DESTRA può fare ha avuto il CORAGGIO di dire quello che pensa e di dimostrare che persone come Roberto Menia sono tra i pochi sicuri di potersi confrontare con le sfide che il Popolo delle Libertà è chiamato a combattere, perchè ha idee, identità personale e coraggio delle proprie azioni.
Spero anch'io di essere in grado di non rivolgermi più al passato e di aiutare il Popolo della Libertà a costruire un futuro migliore per l'Italia.

LUIGI SABATINO